L'apertura dell'anno scolastico 2009 - 2010 è avvenuta all'insegna della protesta. Protestano gli insegnanti precari che per lo più sono stati espulsi dalla scuola. Protestano i sindacati e protestano i genitori. E se proprio di protesta non si può parlare certamente è lecito parlare di preoccupazione degli enti locali. L'assessore del Comune di Torino alle Risorse Educative, Beppe Borgogno, rammenta che "il problema della scuola, l'organizzazione dei nostri sistemi educativi è sempre stato un argomento importante nel dibattito politico cittadino e nell'attenzione del Consiglio comunale".
E allora la domanda è d'obbligo. Alla luce dei tagli fatti dal Governo come potrà l'amministrazione comunale torinese mantenere i servizi scolastici almeno ai livelli del passato anno scolastico?
"Il riordino Gelmini determina una riduzione della quantità e della qualità di ciò che il servizio scolastico pubblico eroga per le famiglie e per i ragazzi italiani. Si riduce l'offerta e i costi in gran parte si trasferiscono sulle famiglie".
In che senso?
"Le famiglie sono costrette a pagare alcuni servizi che prima erano gratuiti. Ci sono scuole che devono far pagare la vigilanza durante la mensa perché non ci sono più gli insegnanti a coprire questo tempo. Riducendo le compresenze si riducono i rientri pomeridiani. Se non c'è un cambiamento di rotta avremo un sistema scolastico che in alcuni luoghi offre tutto ed in altri niente, o quasi, in relazione alle possibilità economiche delle famiglie. Si ritorna, piano piano, ad una scuola per censo. Ed io spero proprio di no. Ma il rischio c'è".
Questo per le famiglie e per l'amministrazione locale cosa cambia?
"L'altra caratteristica del riordino Gelmini è il trasferimento dei costi sulla amministrazioni locali. L'esempio è la vicenda dei precari. Il ministero dice che le Regioni integrino le forme di sussidio. Si trasferiscano per decreto i costi della crisi determinata da questa ‘riforma' alle Regioni - che dovranno togliere dei soldi sempre dagli ammortizzatori sociali che sono già impegnati per altre situazioni difficili - è una forma di assistenzialismo scaricata impropriamente su altri".
E questo vale anche per i Comuni?
"Certo. Io sostengo che per limitare i danni le amministrazioni locali non devono sostituirsi al Governo italiano. Non lo devono fare non per ragioni politiche ma perché non è possibile: non abbiamo le risorse, oltre che le competenze per intervenire. Noi non ce la possiamo fare. E inoltre questo provocherebbe una ennesima distorsione nel sistema scolastico italiano. Sottoline: a normativa vigente. Perché altro discorso sarebbe a riforma federalista compiuta. Ma oggi vorrebbe dire che le amministrazioni locali più ricche riescono a garantire di più e le altre meno. Quindi avremo non soltanto delle famiglie che si possono permettere tutto o quasi ed altre niente o quasi ma anche diversità tra regioni e comuni in relazione della loro ricchezza. E questo non è accettabile".
E il Comune di Torino, in questo quadro cosa fa?
"Noi facciamo moltissimo per la scuola statale a Torino. È una scelta politica della nostra amministrazione. Nonostante i tagli abbiamo deciso di confermare tutto ciò che la città dà al sistema statale scolastico. I 140 insegnati di sostegno li abbiamo confermati. Costo circa 4,5 milioni di euro. Abbiamo confermato questa scelta perché una delle criticità della riforma Gelmini è la drammatica carenza degli insegnanti di sostegno. L'offerta formativa complementare rappresentata dal progetto Crescere in città di Iter vale circa 3 milioni di euro e noi la confermiamo interamente. Anzi puntiamo ad allargarlo".
Se questo è il quadro complessivo: che fare per il futuro?
"È da giugno che chiediamo che l'ufficio scolastico regionale o provinciale si faccia promotore di una iniziativa che raccolga gli uffici decentrati del ministero, le amministrazioni locali e poi gli altri rappresentanti della scuola per fotografare la situazione e poi decidere se e come intervenire almeno sulle situazioni di più acuto disagio. Nei prossimi giorni ci dovremmo incontrare e speriamo che sia l'occasione per dare corso ad iniziative utili: studiare interventi, certo non risolutivi, ma almeno per limitare il danno. Eppoi anche per fare in modo che le istituzioni locali possano, se lo ritengono, spendere il proprio peso politico ed istituzionale per attivarsi nei confronti del Governo sulle criticità. Ad esempio le attività di sostegno. Ma ci sono anche altri casi".
Quali?
"Per esempio le manutenzioni ordinarie. Noi, per conto nostro, siamo riusciti a trovare dei fondi in più per le manutenzioni ordinarie di circa 300 scuole torinesi, elementari e medie. 250 mila euro. Parte di questi soldi li diamo ai presidi per i piccoli interventi manutentivi. Ma tutto questo deve essere messo attorno ad un tavolo dove tutti gli attori ne debbono prendere atto. Chiedere questo incontro è un modo per dire: vediamo e cerchiamo soluzioni. Sapendo che poi il giudizio e gli effetti della riforma sono sotto gli occhi di tutti".
Altri effetti ‘collaterali'?
"Noi siamo molto impegnati sui temi della sicurezza degli istituti scolastici. Negli ultimi mesi abbiamo mandato avanti tutti gli atti necessari per ottenere le certificazioni antincendio dei vigili del fuoco. Uno degli effetti della riforma Gelmini è lo sfondamento dei 25 allievi per classe. E se gli allievi per classe sono di più, questi lavori sarebbero da rifare. E quindi un altro costo che ricade sulla collettività. Il che vuol dire che mentre noi ci arrabattiamo per trovare più risorse per le scuole c'è chi con un tratto di penna può arrecare dei danni. E questo tema deve interessare tutti".
Il comune gestisce direttamente nidi e materne. Qual è la situazione?
"Abbiamo aperto il 7 settembre. Su i circa 20 mila posti complessivi delle materne non c'è lista d'attesa. Mentre sui nidi ci sono ed abbiamo una lista di circa 700 posti su 4000. Abbiamo in cantiere due nuovi nidi (area ex Lancia ed ex Incet) è un ampliamento in via Plana. Cerchiamo di aumentare l'offerta ma il problema rimane perché sono interventi con tempi lunghi".
E sulla formazione e didattica?
"Abbiamo due sfide. Prima sfida. Dobbiamo mantenere un livello adeguato in qualità e quantità. Seconda sfida elevare il livello formativo degli insegnanti più giovani. Su questo abbiamo in mente due progetti: 1. allargare la fascia di maestri in grado di insegnare la seconda lingua nell'ultimo anno della materna; 2. un programma formativo che aumenti la professionalità e la capacità del personale che deve affrontare i così detti bisogni formativi speciali. Non si tratta di handicap ma, per esempio, la dislessia o l'autismo. Su questi due aspetti abbiamo personale che se ne occupa ma è troppo poco. In generale significa che dobbiamo pensare a delle figure professionali che possano alternativamente fare sia il lavoro classico di sezione che, per esempio, insegnare i rudimenti della seconda lingua. E qui una precisazione...".
Quale?
"Non si tratta, come ha scritto il giornale La Stampa il 31 agosto scorso, che noi avremmo fatto corsi obbligatori di arabo e cinese per tutti gli insegnanti. Il progetto non è questo. Noi, invece, stiamo parlando dell'insegnamento di una seconda lingua. Noi non vogliamo formare degli insegnanti traduttori per parlare con i bimbi stranieri nella loro lingua. Non è così. Noi vogliano formare più insegnanti per far conoscere ai bambini tutti una seconda lingua oltre l'italiano. Questo è uno straordinario strumento didattico e dal punto di vista cognitivo apre degli orizzonti. È bastato dire che non ponevamo limiti, anche se verosimilmente saranno le lingue più parlate in europa: inglese, francese, spagnolo o tedesco, che la Stampa scrivesse che obbligavamo arabo e cinese. Ma no ha senso fare corso obbligatori. Ci rivolgiamo a persone che hanno già dei rudimenti. Si è alzata una polemica, che continua ancora oggi, ma che è fondata sul nulla. Il progetto è quello che ho descritto. Non è la costruzione di maestri traduttori. Non centra nulla".
È preoccupato di questo clima di nevrosi per tutto ciò che è collegato alle questioni realtive ai cosiddetti extracomunitari?
"Moltissimo. Mi preoccupa ancor di più sulle situazioni delicate. Stiamo parlando di bambini. Stiamo parlando di un luogo, la scuola, che permette anche ai genitori di socializzare tra di loro. Mi è capitato di recente di vedere gli stessi genitori di nazionalità diverse che ‘digrignano i denti ‘ gli uni conro gli altri e che poi diventano amici nella scuola frequentata dai loro figli . E questa è un fatto straordinario. Mi preoccupa quando per fare propaganda questo governo, questa maggioranza dice cose pazzesche. Cosa significa dire non più del 30% di stranieri per ogni classe. Ora la battuta che viene facile è: deportiamo i bambini della scuola di via Mameli alla Crocetta? È evidente che così dicendo si vuole mandare un messaggio alla ‘pancia' di questo paese in cui gli istinti xenofobi, e l'intolleranza sono stati legittimati ampiamente dagli atteggiamenti, dalle parole da questo Governo per ottenere consenso. E semmai qualcuno metterà i atto questo provvedimento si arriverà al punto di chiudere una scuola come via Mameli. E a questo punto avremo gli invisibili. I bambini fantasma. Questa sarebbe un fatto gravissimo".
A proposito di bambini fantasma. Le nuove norme sull'immigrazione come si attuano nella scuola?
"Noi su questo abbiamo scritto al sindaco - in qualità di presidente Anci -, al Prefetto, a tutti, una lettera a giugno segnalando il problema. Ne ho ancora parlato si al sindaco che al Prefetto, che dovrò incontrare a giorni, segnalando che la norma, di eventuale denuncia da parte della scuola di situazione di immigrazione irregolare è molto preoccupante. Ho chiesto un parere anche alla nostra avvocatura per capire l'essenza della legge. In tutto questo il nostro obiettivo è non creare dei bambini fantasma. Questo sarebbe molto grave. L'effetto più probabile è che se il punto non verrà chiarito qualche genitore non iscriverà il proprio figlio al nido. Così il diritto alla socialità ed alla famiglia, due principi stabiliti dalla Carta dell'Unione Europea verrebbero annullati. Contraddire questi principi è molto grave. Prima della fine dell'anno speriamo che la vicenda sia chiarita. Certo è che contraddire alcuni principi liberali che riguardano l'universalità dei diritti dei bambini è davvero una cosa inaudita".
Tuttavia sostiene l'assessore che "una campagna di sensibilizzazione va fatta". Ma, dice Borgogno, che non ha visto grandi reazioni del mondo della politica alla sua lettera che poneva il problema dei potenziali bambini fantasma. Noi ci auguriamo che lo stato d'animo del nostro Paese su questi problemi si risvegli. È importante. È una battaglia di civiltà.
di vito D'ambrosio